Con fervida preghiera a chi trova questo libro di consegnarlo, se sono scomparso da questa vita a mia moglie.
O tu sposa diletta terrai sacre queste pagine in cui sono scritti i dettagli della vita che mi ha portato nella tomba.
Annotazioni di guerra
20/5/1915 Dogna ai Plans
E’ venuta mia moglie, mio dio, che dispiacere,on ho nemmeno potuto parlare con lei, è andata via piangendo, meglio sarebbe che non fosse venuta, pieno il cuore di disperazione e la domanda che mi faccio: ci rivedremo ancora? Poveri i miei cari, povera mia moglie e i miei bambini, che forse resteranno orfani senza conoscere il loro babbo. Abbiamo l’ordine di partire per Somdogna e si parte, due ore di marcia sul far della notte, si arriva sotto la pioggia, si sta in piedi tutta la notte bagnandoci sino alle ossa.
23/5 ore 7.30 il capitano della 97 ci avverte che a mezzanotte comincia la guerra. Ore 8.30 come ad approvare le sue parole il forte di Raibl comincia a tuonare, non si crede
24/5 mattino, sentiamo un rombo poi il fischio terribile del proiettile è il forte di Malborghetto che tira ai piani. Mio dio! che impressione, si rivolge la mente e il cuore ai suoi cari, si cerca di frenare la commozione eppure si trema, i colpi si fanno sentire uno dopo l’altro ma passano lontano da noi, perciò non si ha più timore.
26/5 colpi di fucile e poi più niente, i colpi di cannone si seguono giornalmente ma vanno a destra e sinistra da noi, che ormai siamo abituati.
28/5 è stato ferito il caporalmaggiore poco distante da noi, da un colpo di fucile, che vengono tirati giornalmente da pattuglie nemiche, ci fu una piccola scaramuccia tra una grossa pattuglia nemica ed un plotone della 97, vi sono 2 nemici morti, da noi nessuno, nemmeno feriti vediamo le prime divise austriache.
2 giugno ordine di partire, si parte e si viene ai piani, si va a Cuel Taront, 6 ore di marcia, arrivati sul posto comincia a piovere, diamo il cambio alla fanteria, tutta la notte sotto la pioggia. Mio dio! Meglio morire che fare questa vita.
5/6 parto in esplorazione da Cuel Taront a Gramuda, nulla di nuovo, visto nessuno, però ci devono aver visto, che verso le 6 ore ci mandano una pioggia di srapnels, non ci fanno nessun male.
7/6 un soldato ferito, continua mattina e sera a salutarci con colpi di cannone.
8/6 finalmente si sente un colpo di cannone dei nostri, sembra di essere contenti di sentire quel fischio di proiettile amico.
13/6 comincia da parte nostra il bombardamento del forte (Malborghetto), dopo 8 – 10 colpi il forte brucerà, lo si sente brontolare, sono le munizioni che scoppiano, ogni giorno si va in pattuglia e non si vede mai niente, però facciamo una vita da cani, sotto la pioggia, freddo e insopportabile peso ad oggi, senza ricevere nuove da mia moglie, quanti pensieri, so che è a Gemona ma non mi scrive; oggi stesso ricevo sue notizie, mi viene da piangere, la sua lettera mi da piacere e disperazione. Poveri i miei bambini, dovere abbandonare la comodità della nostra casa per andare in paesi lontani dove non hanno nulla, che vita mio dio!
19/6 si teme un attacco, tutta la notte senza chiudere occhio.Madre mia, madre mia, non ti rimprovero di avermi generato ma meglio sarebbe che fossi morto da bambino che non soffrire ciò che soffro e non soffrirebbe nessuno dei cari poveri figli miei, a che punto siamo ridotti!
20/6 ecco un mese di torture, pioggia, dormire peggio che gli animali nelle tane scavate nella terra, coi piedi nel fango, un mese che si può dire di non aver avuto un giorno di riposo, piove come è piovuto tutta la notte, si sembra davvero tante talpe, si è tutti sporchi, da più di un mese che non si ha lavato la biancheria
21/6 finalmente il sole, ci sembra di rivivere, alle 8 e ½ comincia a tuonare il cannone, bombarda il forte di Malborghet, i proiettili passano sopra le nostre teste con il solito fischio rabbioso.
26/6 in questi giorni passati, niente di nuovo continuo bombardamento del forte e batterie, quasi ogni giorno piove e freddo.
9/7 E’ 15 giorni che sono ammalato, più 4 giorni all’ospedale di Dogna, ma mi hanno rimandato (al reparto), eppure io mi sento male, dolori al petto e una debolezza che non sono capace di stare in piedi. Ora mi hanno cambiato di plotone, mi trovo in Bieliga, non si sta male, ma bsogna avere la salute.
17/7 sempre lo stesso ,poco bene di salute, vita monotona, senza scopo, sembra di essere dei veri idioti.
Il 18 corr. Ci fu una scaramuccia fra 4 alpini e circa 20 austriaci, sotto il fuoco degli alpini i nemici prendono paura e scappano lasciando un maresciallo morto e un caporale ferito, i quattro alpini ricevono rinforzi e vanno in cerca degli altri e fanno altri 5 prigionieri e altri 4 feriti, come tremavano poveretti, hanno paura e gemono per il dolore delle ferite. Dove è giunta la civiltà umana, a darci la caccia tra uomo e uomo? Non par vero, ma è così.
23 ore 2, è scoppiato a 150 metri da noi un 305, mio dio! Che spavento è un miracolo che non ha colpito nessuno, come si sentivano fischiare le schegge! Non si sapeva dove rifugiarsi.
27 ore 3 e ½, altra disgrazia, c’è un temporale scoppia il fulmine in mezzo all’accampamento, altro miracolo, che per la pronta cooperazione di coloro che non furono colpiti, si salvarono tutti. Allo scoppio credevo che ci fosse un colpo di cannone, mandavo un soldato della guardia a vedere e ritornava sotto il nostro ricovero con due quasi morti, mio dio che avvilizione ci procurava farli rinvenire e alla fine dopo due o tre ore danno segni di vita e chiamano la loro mamma, dopo una notte fra i gemiti alla mattina stanno meglio, fra questi è pure Zanardelli di Pontebba, ma al 25 stanno meglio. Sembra davvero sia un castigo di Dio, tutti gli elementi sono contro di noi-
.3 agosto in questi giorni ci fu un’avanzata ma io non vi presi parte perchè ammalato, è più di un mese che conduco questa vita, vita barbara ed inumana; dormire all’aperto e ammalato, vorrei morire, ma è il pensiero dei miei cari che non me lo permettono. Si è ammalati e mi tengono giù, a che fare? Oggi qui tutto solo, a guardia di poche cose, mio dio, che vita e quando cesserà vorrei scrivere tante cose , ma la mia testa si perde, un dolore di testa che non mi permette nemmeno di guardare; vita barbara ed inumana, quanto soffrire per i capricci altrui.
12 agosto non male, adesso sto un po’ meglio, da un po’ di giorni siamo a Cuel Taront, dove eravamo prima, comincia il freddo, specialmente la notte e che cosa si farà questo inverno? Oggi vi fu un piccolo combattimento fra la nostra fanteria e gli austriaci, abbiamo due morti e 3 feriti, vi fu un allarme ma non siamo andati fuori dalle nostre posizioni, continuano ogni giorno a bombardare, ma inutilmente, oggi piove.
24/8 il tempo passa e l’inverno s’avvicina, vediamo ormai la neve sul Montasio, fa freddo e siamo ad agosto e che farà in dicembre?
26/8 pare impossibile ma gli austriaci vengono atrovarci, oggi alle 4 e ½ fui svegliato dalla vedetta e mi alzai, poco dopo: nuova scarica di fucilate, gli austriaci erano venuti fino a pochi metri dai primi posti della 96 cp (compagnia) e per noi furono 2 feriti, uno gravemente ed uno leggero, poi gli austriaci hanno lasciato lì un morto, di feriti: non si sa, ma si crede ve ne siano, hanno trovato 3 berretti.
27 il nostro ferito è morto e lo hanno seppellito qui vicino, poveretto, dove è venuto a lasciare la vita e poveri genitori.
5 settembre 1915
Forcella Bianca
Oggi la mattina,vento e freddo, verso le 7 comincia a nevicare, entra l’inverno: l’incubo nostro, che faremo noi qui quando saranno 10 gradi sotto zero. Oggi sembra di essere in un deserto, come difatti lo siamo, fra due mura di rocce, dove bisogna stare, nella tana del lupo, sono 5 giorni che mi trovo qui, dove sono con altri soldati e per congiungersi con il campo, dobbiamo attraversare rocce e che sarà di noi il mese di dicembre? Quando fiocca la neve sul serio, quando soffierà il vento terribile del nord, con la bufera di neve ?
10/9 Cuel dai Petz
Oggi nevica di nuovo e fa freddo, sembra sia ormai questo l’inverno.
12/9 Oggi in mezzo alla nebbia si presentavano due individui che sventolavano il fazzoletto bianco, ma fatti avanzare sotto i fucili spianati , come tremano, hanno paura e ci gridano: “Mutti, mutti” e difatti vestono la divisa russa, sono prigionieri russi, fatti 6 mesi prima dagli austriaci in Galizia e ora erano a lavorare a fare una strada e sono potuti fuggire, ci domandano pane, come sono contenti di esser fuggiti, sperano di essere mandati ai loro paesi a rivedere i loro cari, sono giovani.
30 ottobre. Oggi parto per Gemona, o Dio che gioia, vado finalmente dopo 4 mesi e ½ a rivedere i miei cari, mi sembra che tutto ciò che ho sofferto sino oggi non sia nulla, che sia tutto passato come un perdono, un ricevuto compenso. Nevica, le strade sono cattive, eppure si va i corsa per poter giungere prima che sia possibile a rivedere che tanto si brama, verso le 4 arrivo a Chiusaforte, incontro tanti paesani che nemmeno mi conoscono, eppure se non li chiamo, loro passerebbero vicino a me senza vedermi.
Finalmente arrivo da mia suocera, che resta come pietrificata solo al vedermi, ella piange, sono circondato da molti paesani che sono tutti più afflitti di me. Dopo poco tempo devo ripartire per andare a rivedere ciò che è più caro al mondo, parto sulla sera, arrivo di notte a Gemona, eppure dove trovare mia moglie, mi avvio sulla strada – trovo due vecchi che mi possono indicare dove abita. Trovo la famiglia in una soffitta, uno stanzino come un bugigattolo, là tutti uniti in 6 a dormire ……. che impressione mio Dio, almeno trovo tutti sani ma afflitti, come sono contento di rivedere i miei cari, quanto amo i due bambini, dormono, ma la piccola Maria è sveglia, come mi guarda, ma non ha paura di me, mi bacia e mi accarezza, come sono care per me quelle carezze, come vivrei felice in mezzo a loro, che barbaro destino. Il tempo passa veloce, viene il momento della partenza, Dio, che dolore – eppure bisogna partire – il cuore si spezza e mi rivolgo la terribile domanda: “Ci rivedremo ancora?”. Arrivo a Chiusaforte, là ad attendermi, mio fratello e la famiglia di mia moglie, povere e care persone che soffrono, benché al sicuro dalle intemperie, i disagi dei profughi scalognati, come investiti dalla bufera, sono ridotti da non riconoscersi più.
6 ottobre – ed ora eccomi giunto giù al mio piccolo posto, affranto dal dolore e morto di stanchezza – Quando tornerò a rivedere i miei cari? Speriamo!
11 ottobre, sono due giorni che fa bel tempo, la neve se n’è andata, pare di rinascere e saremmo contenti se non ci fosse la certezza che neve e bufere ritorneranno, ritorneranno i giorni cattivi e dolorosi, si sente il rombo di vari cannoni, ma lontano. Ieri 2 aeroplani sono passati sopra di noi ed oggi pure ne passa uno rivolto verso Pontebba. Il giorno passa – si può dire presto – sono subito cinque mesi che si dorme sul terreno, si è sofferto di tutto, eppure di ciò che è passato si tiene che un ricordo e l’avvenire? Il freddo che verrà qui, la neve, mio Dio! Io che sono nato fra queste montagne e ne ho fatta esperienza…… che ne sarò di noi? Eppure coraggio! Mi sembra più bella la vita adesso che ho rivisto i miei cari e nella speranza di rivederli ancora, vivo quasi felice.
12 ottobre, da questa mattina ci tirano col cannone di piccolo calibro ed alle 11 e ½ ci arrivano i colpi di calibro grosso, i sassi passano sopra le nostre teste ma non ci colpiscono, possiamo dire siamo fortunati, non capisco perché ci tirano con i cannoni grossi; dapprima credevo volessero tirare ai piani perchè la prima era lunga, ma le altre due sono arrivate dietro la
nostra trincea.
18 ottobre, abbiamo l’allarme di mattina, si parte per andare di rinforzo, siccome si era al lavoro, arriviamo sul posto e la nostra batteria da montagna fa un fuoco indiavolato, sparano anche i fucili, verso le nove ecco i primi feriti da palle di srarpnels, dio, che fuoco infernale, scoppiano sopra le nostre teste a decine, colpi di cannone di ogni calibro, ma dove sono io non si ha timore perché si è bene al coperto, così passo tutto il giorno, verso sera c’è una brutta novità, un colpo dei nostri 280 è scoppiato fra i nostri, ci sono 3 morti e due feriti, mio dio, che avvilimento!
18 sera. Si deve dare il cambio al I° plotone e tocca a noi ed io con la mia squadra vado di piccolo posto a Gramuda, tutta la notte si veglia, alla mattina comincia l’inferno, i colpi passano sulle nostre teste, mio dio come andrà a finire oggi?
19, è mezzogiorno, nulla si è mangiato e l’inferno continua ma fino ad ora siamo salvi ed è un miracolo che i colpi vengono così vicino a noi che ci coprono di terra, le palline di srapnels cadono come tempesta.
Moggio 4/2 1916
Ospedaletto da campo – sono passati due mesi e mezzo da che scrissi l’ultima pagina, due mesi e mezzo di martirio e di dolori insopportabili, ma finalmente non soffro più tanto ed ora racconterò ciò che mi è successo:
19 ottobre 1915, come dissi più sopra, si sa dove mi trovavo. Verso le 2 e ½ fui colpito da un bossolo si srapnels da 75 alla gamba destra, cioè alla metà di essa fra il ginocchio e il piede, una ferita terribile. Una ferita che mette paura. Ero seduto con le gambe di fuori verso la trincea e di traverso fui colpito da un bossolo e rimasi lì come istupidito vedendo lo squarcio fatto alla mia gamba e le cannonate continuavano a scoppiare sempre continue e sempre terribili, ecco un’altro soldato ferito, gli sono state asportate via del tutto due dita. Dunque io, dopo esser ferito ho dovuto adagiarmi alla meglio in trincea e li attendere che terminasse il bombardamento, non soffrivo ma pensavo alle conseguenze della mia ferita ed avevo paura che mi tagliassero la gamba. Come passa terribilmente il tempo , finalmente il cannone tace ed arrivano i porta feriti, come fare? Con la barella non si può perchè non si passa, portarmi sulle spalle tanto meno, il camminamento è coperto e si passa a c arponi. O Dio, come fare? Alla fine comprendo l’assurda situazione, o andare via o restare là, ho dovuto farmi coraggio ed a carponi con le ginocchia e con le mani, passano i miei compagni ed intuiscono, vi sono quelli che piangono e passano silenziosi. Lentamente vado su, uno mi regge per dietro la gamba ferita . Oh Dio, che soffrire, si sentivano le ossa scricchiolare, ho persino bramata la morte, eppure dopo stenti e fatiche sono arrivato in cima. Sono state due ore di martirio che non augurerei a nessuno, quante volte mi sono gettato a terra e non ne potevo più, i compagni mi davano coraggio, ma sono arrivato in cima esausto di forze con i piedi e mani gelati, non sentivo più niente e ancora pochi passi e sono alla barella, ogni mio conforto sta che io possa arrivare vicino alla barella e trovare i quattro compagni che mi portino.
Dal cuel dai Petz c’è la barella e lentamente ci avviamo al posto dov’è l’accampamento della compagnia, si deve andare piano perchè è notte ed a ogni piccola scossa mi fa male, finalmente alle 11 di notte si arriva nella baracca degli ufficiali, lì c’è il dottore e mi medicano, dio che dolore, ma non ne sento ancora tanto, sono sfinito, non ne posso più, mi fanno delle punture che nemmeno sento, poi non vedo darmi più niente, vanno a dormire, ma io non posso dormire sebbene che non abbia dormito la notte prima. Dopo due ore non ne posso più e chiamo il dottore e mi fanno la puntura di morfina, mi addormento per due ore e poi mi sveglio con dolori insopportabili, poco tempo dopo si alza il mio amico Roseano e va in cucina per farmi avere un po’ di caffè, ma io soffro e nessuno può aiutarmi, lì solamente verso le 7 di mattina parto, gli amici mi salutano e piangono. Dopo interminabili giri a vuoto si arriva a Chioutzuquin ed è qui che provo ciò che ancora non ho provato alla (durante) medicazione. Oh mio Dio, che dolori, non vale gridare e chiedere pietà! I dottori sanno il loro fatto però mi assicurano che salvo complicazioni, non mi viene tagliata la gamba però con un calvario che sarà lungo e doloroso. Dopo la medicazione mi danno un po’ da mangiare, dopo un ora si parte in barella fino al basso e poi in automobile fino a Dogna. Il 49° ospedaletto da campo che si trova colà, è pieno di feriti che gemono e dolorano; alla mia destra c’è un soldato della mia compagnia, ferito al ventre, non è capace nemmeno di parlare, la sua morte non è lontana, difatti alla mattina è morto, così come un animale. La …. vengo medicato,ma non soffro tanto e alla sera del 21 si parte da Dogna verso destinazione ignota. A Dogna fu mio cognato Antonio a trovarmi, com’è afflitto, quasi più di me. Si parte in automobile con sbalzi che mi fanno soffrire molto, si arriva a Moggio verso le 8 e ½ di sera e qui che continuerà il calvario di mesi e mesi.
29 ottobre arriva mia moglie. Oh! Quale commozione nel vedere la mia cara sposa, trattengo a stento le lacrime ma faccio forza su me stesso.
ma leggo nei suoi occhi le lacrime a stento trattenute, eppure dopo averla vista mi sembra una consolazione sia scesa nel mio cuore ed ella continuerà a venire a trovarmi, sarà per me una consolazione e conforto. Alla medicazione devo sopportare dolori atroci, mi sembra di morire, poi non posso chiudere occhio tutta la notte e per 10 giorni sempre così, dover stare immobile con la gamba gessata è una vita di sofferenze insopportabili, tanti amici vengono a trovarmi, come mi sembra caro vedere così tanti amici, sono stati a trovarmi, ancora in pricipio, pure mio fratello e mio cognato, ho visto pure i bambini, poveri bimbi che forse dovranno soffrire, forse non sarò più capace di guadagnarmi il loro pane, ma iddio ci aiuterà e non moriremo di fame.
15 novembre, mi sento un po’ meglio, ma sempre immobile, i letto e così passa di giorno in giorno questa vita in questa casa di dolore, aspetto anelante il giorno in cui spero venga la mia sposa, un suo sguardo mi incoraggia mi da forza nel soffrire e un po’ di speranza nell’avvenire che di certo per noi non sarà più fortunata e felice come prima, ma la gioia di vivere insieme ed in unione coi nostri bimbi, mi scarica la malinconia che a volte mi invade il cuore. Saremo poveri nel nostro paese tutto distrutto, ma iddio provvederà anche per noi poveri, soli, che per l’altrui malvagità ci getta nella miseria. I giorni passano lenti e dolorosi nell’immobilità in cui devo stare, le notti passate insonni senza poter chiudere occhio e soffrire terribilmente.
26/11/915, dopo un mese non mi sento più tanti dolori, ma mi sento debole, la notte posso dormire qualche cosa ed i giorni passano più tranquilli, ma come sarà il mio avvenire? Ricevo sempre visite da mia moglie, mi da tanto conforto a vederla che dimentico i dolori sofferti ed ho più speranza nell’avvenire, mi sembra che non mi sia mai stata così cara come in questi giorni dolorosi, eppure l’amavo anche prima, ora mi sembra di amarla di più, in questi giorni di terribile angoscia. I giorni passano lentamente ma migliorando, fintanto che sono giunto ad oggi che sto meglio, ma il piede non posso muoverlo e c’è sempre il timore che non possa più nemmeno camminare bene, ma iddio provvederà pure per me. La ferita si restringe sempre di più, ma sino ad oggi non ho provato a camminare il che mi da desiderio di provare a camminare ed il timore di poggiare il mio povero piede a terra; ho provato l’altro giorno ma tremavo a poggiarlo a terra. Quanto tempo passerà ancora prima di muoversi di qua? Non so fare un’ipotesi ma spero che fra qualche mese possa uscire da questa casa di dolore.
9/5/916, oggi abbiamo avuto la visita di S. ecc. il Re ed il conte di Torino che ci ha rivolto a tutti quanti la parola, interessandosi dello stato di salute e della qualità di malattia, a me ha chiesto se potevo camminare e domandò ai dottori se guarirò per bene. Il Re ha 47 anni, ma sembra molto più vecchio, però la sua parola è molto dolce .
13/5/916, oggi ho provato a camminare, dio che felice, con due compagni che mi sorreggevano eppure le mie gambe tenermi in piedi, sono andato alla finestra per vedere un poco l’esterno sono rimasto lì per due ore e mezza, il piede si era molto gonfiato ma dolori non ne ho provati, solo il collo del piede non si poteva far muovere a causa del gonfiore, ma speriamo che col tempo passi bene, la ferita va bene, si restringe sempre di più, dolori non ne sento e così passano i giorni, le settimane e i mesi, ma terminerà pure questo martirio e potrò andare a vivere tra i miei cari. Qua fa freddo e fuoco alla stufa ne fanno poco, ma la vita passa col tempo e ciò che passa non tornerà più ed è questo che io spero.
22/6, oggi comincio a camminare da solo col dottore, ma quando mai potrò camminare come prima, se ciò sarà possibile? Forse fra un mese potrò uscire di qua, sono stati ieri tre mesi che mi trovo in questo ospedale ma ancora stento a camminare, sempre lo stesso piede, paralizzato.
23, ieri venne mia moglie a trovarmi, poveretta come sempre afflitta, tratteneva a stento le lacrime, potremo essere ancora felici come prima? Mio dio che sarà di noi. Che sarà di noi se la guerra non si ferma ancora? Arriverà tempo che si dovrà patire la fame.
3/7 il tempo passa ed io comincio a camminare per l’ospedale con meno fatica e sento che ogni giorno va meglio, ma stento sempre a fare il passo, sembra che la gamba non voglia piegarsi alla mia volontà, però spero che potrò camminare bene e questo pensiero mi fa sembrare meno noiosi i giorni dell’ospedale. Oh guerra, quando avrai tu una fine? Quante mani si tendono verso l’onnipotente per implorare aiuto, per implorare il termine di simile flagello e strage? Quanta povera gioventù viene immolata sui campi di battaglia, quanti sono giornalmente i morti, i mutilati e i feriti in ogni maniera? Chi muore ha terminato di soffrire, egli termina tutto, lascia il suo essere e ritorna nel nulla, ma poveri coloro che rimangono mutilati, cioè per tutta la vita tireranno innanzi nel loro terribile fardello, la loro disgrazia, forse nella più squallida miseria. Poveri genitori che dopo tanti e tanti stenti e dolore vedere il proprio figlio ridotto all’impotenza, senza nessun utile né profitto, povere spose che vedono partire oggi il loro caro, forse domani è un freddo cadavere e poche ore prima era partito da casa pieno di forza, coraggio e speranza. Poveri orfanelli che non vedrete più il vostro genitore, non avrete più i suoi baci ed il suo sostegno e molti anzi moltissimi non ne rammenteranno nemmeno il viso, non ricorderanno di aver avuto il padre ed ecco la più terribile delle conseguenze, questi bimbi cresceranno soli, senza la guida del genitore e forse un giorno si troveranno a mal partito e malediranno chi li ha generati e che non è causa dei loro guai, se fosse vissuto avrebbe fatto il suo dovere. E quanti casi simili, si potrebbe dire che nel loro complesso siano tutte sacrosante verità, la guerra, la guerra! Fortunati quei popoli che terranno lontano da loro si terribile flagello e sapranno imporre la loro volontà a chi li governa e faranno comprendere loro che la guerra non la vogliamo. Prima che i paesi d’Europa ritornino come prima ci vorranno degli anni e forse dei secoli. E ora ecco la vantata civiltà europea che tanto vanta ogni nazione, la civiltà, l’uomo in guerra diventa feroce, più qualunque animale, perchè gli animali della stessa stirpe e razza non si sgozzano tra loro, ma gli uomini si e come fanno? Si danno la caccia come le bestie feroci ed appena si vede l’avversario: giù, si tenta di colpire e più preciso che si possa, dov’è l’amore per il prossimo predicato
da Gesù Cristo e dalla chiesa? Ma in questi giorni oltraggiano la santa religione ed i comandamenti di dio, persino i suoi ministri stessi e tutti hanno dimenticato i V° comandamento “non ammazzare”, ma oggi è tutto lecito, ammazzare, violare domicili, rubare impunemente nelle case e nelle chiese, oltraggiare le donne, corrompere la gioventù prima ancora che ne conosca il male, approfittarsi di tutto ciò che si avvicina alla mano non badando a nulla e a nessuno. Ecco la retrovia della guerra, eccola la civiltà del secolo 20°. Nulla di più feroce è al mondo come la guerra, essa corrompe al male l’animo più umile in tempi normali che non farebbe male ad una mosca, in guerra uccide un suo simile senza pensarci sopra, qui nei nostri paesi tutto è corrotto, donne che prima non erano così, ora si abbandonano al vizio e forse il ma ritto è al fronte e loro si divertono con gli altri e forse mentre si divertono, il loro sposo si trova ferito e invoca pietà, chiama la sua mamma, la sua sposa ed ella si trova fra e braccia di un altro, triste fase del nostro destino! Quanti ne muoiono abbandonati da tutti i loro compagni, non possono soccorrerli e sono lì nel freddo e nella neve, sente sfuggirsi la vita, si sentono morire lentamente e chiamano aiuto e nessuno risponde. Oh destino, destino sei ben crudele! Il ricordo ed il terrore di questa guerra durerà per secoli interi e forse servirà d’esempio per l’avvenire e terrore ai posteri.
8 febbraio 1916, oggi finalmente sono disceso sino abbasso, dopo tre mesi e mezzo che sono qui sono riuscito finalmente a scendere le scale che salii portato mezzo morto. Quanti dolori sofferti in questo frattempo e la noia di dover stare sempre a letto, fatica non ne faccio molta ma per la prima volta avevo timore come un bambino quando comincia a fare i primi passi, com’è bello essere al di fuori ove mi pareva di respirare l’aria a pieni polmoni e di non essere mai sazio, eppure quando mai potrò io salire le scale come prima che le facevo in due salti, il mio dubbio è triste e cioè: non ho speranza di camminare come prima. Che posso fare? E’ meglio così che peggio e se come avevo timore in principio che mi amputassero la gamba, non era peggio? E se fossi morto? Oh dio, quanti pensieri passano mai per la mia testa, non è che un rimpianto, ed è un rimpianto del passato quando si viveva tanto bene e felici. Per noi tutto è terminato, ci si aspetta un futuro di miseria, di tribolazioni, dopo aver tanto lavorato e logorato a forza di lavorare, la mia gioventù. Coi risparmi e con la fatica avevamo messo tutto a posto, ora è tutto distrutto, la casa poco meno che distrutta e poi bisogna aspettare la fine quando forse non resterà pietra su pietra, che faremo dopo? Triste domanda ad un triste destino, io povero invalido che farò? Eppure il cuore mi dice che potrò vivere ancora e che potrò essere la guida dei miei poveri bambini, poco o troppo potrò lavorare e la vita non sarà poi tanto cattiva. Ecco ciò che spero ma chissà quando terminerà questo immane flagello. Che strazio, il cuore d’Europa, l’Europa che si vantava di esser la culla delle civiltà, che andava a gravare altri popoli con la scusa della civiltà, ora è un baratro di barbarie immani. Che il nostro mondo non dimentichi. Anche cent’anni fa in Europa era sempre lo stesso, ma non così, non era così vasto l’incendio e non quella forza. Ad esempio: Napoleone I° andò in Russia con 600.000 uomini e credeva di avere un grosso esercito ed oggi che un esercito simile non rappresenta nulla e che ci sono milioni e milioni di combattenti e milioni di vittime? La storia registrerà il nefando delitto di coloro che ressero le sorti d’Europa nel ventesimo secolo. A quando la fine?
19/2, ecco che sono quattro mesi dacché fui ferito, come passa il tempo, sembra si lungo, eppure sono passati quattro mesi e non mi sono neppure accorto, ora cammino, meno male, zoppicando e così resterò tutta la vita. Se non fosse per mia moglie e per i miei figli sarebbe stato meglio che fossi morto. Se non fossi certo che per questo, l’amore della mia cara non verrà a meno, vorrei morire prima di sapere che lei non mi ama più.
1/3, i mesi passano uno dopo l’altro il tempo passa ed io sono sempre qui, quante illusioni, credevo che nel mese di gennaio potessi camminare e uscire dall’ospedale ed invece è passato febbraio ed è giunto anche marzo, ma ora, fra pochi giorni andrò via di qui, ora posso camminare anche senza bastone, ma sempre come prima il piede non posso muoverlo e così resterò finchè ho vita, con un terribile ricordo. Spero fra qualche settimana di andare a vivere fra i miei cari.
8/3, i giorni passano noiosi uno dopo l’altro, adesso che sono guarito mi sembrano ancora più noiosi di prima, la ferita è completamente rimarginata, cammino bene, come sempre, resterò zoppo. Si doveva partire ma forse resterò qui ancora una settimana e forse più, ma che vale? Non è più questione di giorni o di settimane, non penso che a ritornare alla mia famiglia ed al mio paese e là vivere come potrò nella felicità della famiglia.
Gemona, 12/4/916 Volete conoscere la miseria della guerra? Girate gli ospedali e vedrete la povera gioventù mutilata, storpiata e sfregiata in ogni modo. Nulla di più orrendo ha potuto creare l’uomo, nulla di più può bastare. Povera gioventù che te ne vai, povera vita appena vissuta e non compresa, tutto è finito, non che miseria e disperazione. “”
Dopo aver letto la cronaca e i diari dei parroci e dei militari, segue ora una testimonianza molto importante, quella di un quindicenne rimasto al di qua del Piave, sotto l’occupazione austriaca. I diari dei civili sono piuttosto rari, in questa memoria c’è la fotografia della loro vita, dei loro sacrifici, del loro dolore e della loro enorme forza di volontà.